Michail J. Lermontov (1814-1841); traduzione di Tommaso Landolfi.
Io con tristezza guardo la mia generazione!
Il suo futuro è vuoto oppure oscuro;
Sotto il fardello intanto di conoscenza e dubbio,
Si farà vecchia nell’inerzia.
Siam ricchi, appena usciamo dalla culla,
Degli errori dei padri, del loro tardo senno,
E la vita ci opprime già come strada eguale,
Senza meta, o banchetto a una festa d’altrui.
Ontosamente al bene e al male indifferenti,
Sul primo della giostra cediamo senza lotta,
Ignominiosamente vili innanzi al periglio
E davanti al potere abbietti schiavi.
Così il frutto anzi tempo maturato,
Senza allegrarci il gusto né gli occhi, in mezzo ai fiori
Pende straniero e solo, ed una è l’ora
Della loro bellezza e della sua caduta.
Con infeconda scienza ci inaridimmo il cuore,
Nascondendo gelosi ai prossimi e agli amici
Le migliori speranze e la nobile voce
Delle passioni, cui l’incredulo deride.
Sfiorato appena abbiamo la coppa del piacere,
Ma le giovani forze non per ciò conservato;
La sazietà temendo, da ogni gioia
Per sempre il miglior succo abbiamo tratto.
Sogni di poesia, creazioni dell’arte
Con dolce estasi a noi non agitan la mente;
Cupidi in noi serbiamo un resto di sentire –
Inutile tesoro dall’avaro interrato.
E odiamo casualmente e casualmente amiamo,
Nulla sacrificando né all’odio né all’amore,
E ci regna nell’anima un tal segreto gelo
Seppure fuoco bolla nelle vene.
Ci tediano dei padri i fastosi diletti,
Il lor libertinaggio coscienzioso, infantile;
E senza gioia e gloria ci affrettiamo alla tomba
Beffardamente riguardando indietro.
Malinconica turba presto dimenticata,
Passeremo sul mondo senza rumore e traccia,
Senza gettare ai secoli né il pensiero fecondo
Né l’opera dal genio cominciata. Ed il nostro
Cenere, qual severo giudice e cittadino,
Oltraggerà i futuri come sprezzante verso,
Come lo scherno amaro del figliuolo ingannato
Sul padre suo scialacquatore.
(1838)