Gli scrittori assomigliano a fabbricanti di balocchi; i critici, invece, a quei bambini che i giocattoli li smontano per vedere come sono fatti dentro. Questi bambini non sono però tutti uguali. Ne esistono di curiosi e intelligenti i quali, per capire come funziona il gingillo che amano e che li diverte tanto, tolgono con ogni cura le viti e poi osservano i pezzi del meccanismo, affascinati dal loro funzionamento. Se li toccano, li maneggiano con attenzione, timorosi di poterli sciupare. Sono incantati dalla cura con cui le varie pari sono state costruite e poi assemblate insieme sì da comporre un unico, complesso marchingegno. Quando si sono saziati di guardare, risistemano al loro posto i vari pezzi, attenti a non farne avanzare nessuno, poi richiudono il coperchio e infine si stringono al cuore il balocco che, per quanto insulso possa essere, avrà comunque insegnato loro qualcosa e che per questo ameranno ancora di più. Spesso imparano anche loro a costruire giocattoli, alcuni diventano bravissimi, l’unico loro difetto, paradossalmente, è un eccesso di intelligenza e una speculare carenza di cuore. Ma per loro c’è speranza.
Non ce n’è invece per l’altra categoria di “smontatori”: gli sciocchi, gli impazienti, quelli che hanno dita troppo tozze per togliere le viti più piccole, per afferrare le rotelline minute e allora, invece di riconoscere la loro inadeguatezza, la loro incapacità cominciano a sbattere il giocattolo sul pavimento e lo rompono. Quando vedono il disastro che hanno combinato, per giustificarsi davanti ai loro stessi occhi dicono che tanto quel gioco era brutto e non gli piaceva. A questi poveri infelici consiglio di regalare soltanto massicci birilli di legno.
(8 novembre 1993)