a cura di Gianna Chiesa Isnardi
per l’edizione 2008 di “Perché i poeti…”
Teramo, Chiostro di San Giovanni, 8 luglio 2008
Gratificato da un successo straordinario fin dalla pubblicazione della sua prima raccolta, 17 poesie (17 dikter), uscita nel 1954, Tomas Tranströmer può certamente essere considerato uno dei massimi poeti viventi e, insieme ad August Strinberg, l’autore svedese più apprezzato e tradotto all’estero. Tomas Gösta Tranströmer è nato a Stoccolma il 15 aprile 1931, da padre giornalista e madre insegnante. Cresciuto con la madre dopo la precoce separazione dei genitori, ha vissuto nell’infanzia un profondo rapporto affettivo con i nonni materni. Delle loro figure così come dell’ambiente e della natura svedese – in particolare dell’arcipelago di Stoccolma, dove nell’isola di Runmarö il poeta conserva la vecchia casa di famiglia – si trova più di una traccia nei suoi componimenti: basti pensare, innanzi tutto, a Mari baltici (Östersjöar, 1974). Dopo la laurea ha lavorato come psicologo, prima all’Università, poi in istituti di correzione e centri di riabilitazione: una professione che ha lasciato segni tangibili nella sua opera poetica. E pure i numerosi viaggi all’estero, così come la passione per la musica (pianista di talento ha composto anche qualche brano) hanno avuto evidenti ricadute nella sua arte. Negli ultimi scritti si riconoscono anche le tracce della dolorosa esperienza della malattia che lo ha colpito nel 1990, limitando le sue capacità motorie e la facoltà di parlare; seppure egli abbia saputo, con grande forza d’animo, riprendere una vita pressoché normale accanto alla moglie Monica.
Tomas Tranströmer non è un autore particolarmente prolifico, ma l’elevatissimo livello poetico dei suoi lavori gli ha guadagnato una fama crescente, una folta schiera di imitatori e un unanime apprezzamento. Tra gli altri hanno dichiarato il proprio debito letterario nei suoi confronti poeti come Iosif Brodskij, Seamus Heaney o Wislawa Szymborska, vincitori del Premio Nobel. Un premio che a lui è fino a ora mancato, seppure molte voci autorevoli lo abbiano più volte sollecitato. Molti altri riconoscimenti letterari hanno comunque segnato la sua prestigiosa carriera. Al suo nome la città di Västerås (in cui egli ha a lungo vissuto) ha intitolato, nel 1997, un premio per i contributi culturali che viene assegnato ad autori nordici o baltici. Oltre ai testi poetici, tradotti in circa cinquanta lingue, Tomas Tranströmer ha scritto una breve autobiografia dal titolo I ricordi mi vedono (Minnena ser mig, 1993) e ha prodotto diverse traduzioni da autori stranieri.
La poesia di Tomas Tranströmer va certamente inquadrata nel cosiddetto Modernismo, sebbene essa presenti caratteristiche proprie che richiamano il senso della proporzione dei Classici, la profondità della Mistica medievale, ma anche correnti letterarie più recenti come il Simbolismo e il Surrealismo. Eccellente è in lui l’uso della metafora che rievoca per certi versi la forza contraddittoria di quella barocca.
Tomas Tranströmer è un poeta generoso con i suoi lettori e i suoi traduttori. Ai primi insegna a ‘vivere’ secondo la propria realtà la lettura della poesia. In una occasione ha dichiarato: “Se ci si pensa, ogni lettore fa la propria traduzione di ogni poesia che lui/lei legge. Ogni lettore ha una propria lingua, un proprio ambiente, un proprio mondo fantastico. Perciò ogni lettore ha, per così dire, la sua poesia. Il testo è lo stesso ma le poesie sono differenti” (Om man tänker efter, så gör ju varje läsare sin egen översättning av varje dikt han/hon läser. Varje läsare har sitt eget språk, sin egen miljö, sin egen fantasivärld. Varje läsare har därför sin egen dikt, så att säga. Texten är densamma, men dikterna blir olika). I secondi incoraggia nel difficile lavoro che svolgono. In occasione della consegna di un importante riconoscimento ha dichiarato: “Permettetemi di abbozzare due modi di considerare una poesia. Voi potete intendere una poesia come un’espressione della vita e della lingua, qualcosa che è cresciuto in modo naturale nella lingua in cui è scritto… Impossibile da trasportare in un’altra lingua. Un altro e opposto modo di vedere è questo: la poesia così come è presentata è manifestazione di un’altra poesia, invisibile, scritta in una lingua che sta dietro alle lingue comuni. Allora anche la versione originale è una traduzione. Un trasposizione in inglese o in malayalam (lingua del Kerala) è semplicemente un nuovo tentativo della poesia invisibile di prendere forma” (Let me sketch two ways of looking at a poem. You can perceive a poem as an expression of the life of the language itself, something organically grown out of the very language in which it is written… Impossible to carry over into another language./ Another, and contrary, view is this: the poem as it is presented is a manifestation of another, invisible poem, written in a language behind the common languages. Thus, even the original version is a translation. A transfer into English or Malayalam is merely the invisible poem’s new attempt to come into being.”). E d’altronde questa sensazione di afferrare il nucleo più segreto di ciò che è “poesia” è il frutto migliore che si trae dalla lettura dei componimenti di questo grande poeta.
Bibliografia:
1954 17 Dikter (17 Poesie),
1958 Hemligheter på vägen (Segreti sulla vita
1962 Den halvfärdiga himlen (Il cielo incompiuto)
1966 Klanger och spår (Echi e tracce)
1970 Mörkerseende (Colui che vede nel buio)
1973 Ur stigar (Fuori dai sentieri)
1974 Östersjöar (Mari Baltici)
1978 Sanningsbarriären (La barriera della verità)
1983 Det vilda torget (La piazza selvaggia)
1989 För levande och döda (Per vivi e morti)
1989 Minnena ser mig (I ricordi mi vedono)
1996 Sorgegondolen (La gondola a lutto).