Archivio mensile:Maggio 2012
A Civitella del Tronto il 25 maggio 2012
Presentazione di La più bella del reame, primo incontro del terzo ciclo di “Alle cinque della sera”, evento ideato e condotto da Leandro Di Donato per l’Associazione culturale “Le Lunarie”.
Da sinistra: Antonio Alleva, Leandro Di Donato, Bob, Paolo Ruggieri, Paola Vagnozzi, Antonella Ciaccia.
Un momento della presentazione presso il Bed & Breakfast “Dal Poeta”.
Grazie a Donna Roberta Venturoni per l’ospitalità, agli amici dell’Associazione culturale “Le Lunarie” e a Leandro Di Donato per avermi invitato, ad Antonella Ciaccia per le letture, a Paola Vagnozzi e Paolo Ruggieri di Galaad per essermi stati vicini e grazie a Fausto Cheng per le fotografie.
Intervista di Anna Fusaro su Il Centro del 22 maggio 2012
Il testo dell’intervista:
Si legge tutto d’un fiato l’ultimo romanzo di Roberto Michilli “La più bella del reame” (Galaad Edizioni, 286 pagine, 14 euro). Lo scrittore camplese, autore sensibile e ironico di raccolte poetiche, racconti e romanzi, adotta l’io narrante femminile per ritrarre la protagonista del suo nuovo romanzo, la disinibita e anticonformista Viviana. Una Bovary di provincia, ma più simpatica e vitale, alla ricerca di un’emancipazione e affermazione identitaria attraverso l’amore o semplici relazioni di sesso.
Giunta appena 39enne alla fine della vita per un cancro, Viviana scrive nell’arco di una settimana, nell’autunno del 1999, il diario della sua breve esistenza e dei suoi turbinosi amori. Un intreccio di eros e thanatos, privo tuttavia di pessimismo, nemmeno nell’ora fatale. La malattia rimane infatti sullo fondo, l’oggi funge da racconto cornice al romanzo della vita.
Perchè l’io narrante femminile? Espediente narrativo, sfida, empatia, gioco, o cos’altro?
Una soluzione narrativa venuta da sé, in modo naturale. Ma c’è anche una buona dose di empatia con la protagonista. È come se avessi riversato in lei una parte di me compressa, nascosta. Viviana è una primitiva, è passionale, incontenibile, una persona che vive la vita d’istinto. Io sono tutto il contrario, sono riflessivo, “cauteloso” direbbero i brasiliani, ho sempre condotto una vita controllata, con qualche rimpianto. È come se attraverso il personaggio di Viviana mi fossi finalmente abbandonato visceralmente alla vita».
Viviana incontra il vero amore quando è già malata. Non sarà stato un po’ sadico e punitivo?
«Potrebbe darsi. Inconsciamente però. La sua domanda è sottile, va oltre quello che io ho pensato. E come se avessi voluto giudicarla e punirla. Però mi ci fa pensare lei ora. D’altra parte l’incontro col vero amore potrebbe essere una consolazione. Tuttavia Viviana non è mai disperata. Mi sembra una donna onesta, autocritica, molto umana. Mi piace. In fondo i suoi valori sono semplici. Avere la fortuna di amare essendo amati non è cosa da poco, è un ideale condivisibile. Viviana ha una sua dignità, non si appoggia a nulla, neanche alla fede. Piuttosto alla magia sì, è un tipo pagano, una baccante, ha un rapporto primitivo con l’esistenza. Ammiro la sua energia».
Nelle pagine del romanzo si riconoscono luoghi di Teramo e del Teramano. Anche i personaggi si ispirano a persone reali?
«Ho cercato di costruire una contea immaginaria, fatta di luoghi persone tradizioni, in cui far muovere i personaggi. Anche gli altri miei romanzi sono un insieme sincretico di luoghi e territori delle nostre parti. A loro volta i personaggi sono sempre una sintesi di tante persone incontrate nella vita reale e di personaggi incontrati in tante letture. Ma non mi riferisco mai a persone precise. Esistono più che altro idee e situazioni che si incarnano in un dettaglio, echi di racconti ascoltati, film visti, libri letti. Lacerti, frammenti, brani di qualcosa che hai conosciuto. Nel momento in cui scrivi gli echi vengono in superficie».
Ultimamente si è dedicato più alla prosa che alla poesia. Una casualità o l’esigenza di un respiro più ampio?
«In realtà sono un versificatore di complemento più che un poeta in servizio permanente effettivo. La narrazione è il mio interesse esclusivo. La poesia è la valvola di sfogo per evitare che qualche lirismo di troppo inquini i racconti e i romanzi. Il racconto poi serve per farti il fiato, è un allenamento, una preparazione alla distanza lunga del romanzo».
Lei vinse il Premio Teramo nel 1997 con il racconto “Merletto a tombolo”. La giuria comprendeva personalità prestigiose, Michele Prisco, Raffaele Nigro, Giuseppe Pontiggia, col quale iniziò un’amicizia e al quale ha dedicato nel 2009 insieme a Simone Gambacorta il libro conversazione “La chiarezza enigmatica”. Ritiene Pontiggia il suo modello?
«Indubbiamente è stato un maestro, uno dei grandi autori del Novecento italiano. Rimane un modello a cui tendere. Conobbi Pontiggia l’anno che io vinsi il Premio Teramo. Mi disse che gli era piaciuto molto il mio racconto. Da lì è iniziata una relazione epistolare. Un carteggio durato fino alla sua morte, nel 2003. Ricordo la lettera in cui scrisse considerazioni molto belle sulla mia prima raccolta poetica. Un’amicizia purtroppo troncata. La corrispondenza è continuata con la moglie, che ha molto apprezzato “La chiarezza enigmatica”».
Da sei anni fa parte della giuria del Premio Teramo. Come rilanciare la manifestazione?
«Ricette non ne ho. Ci siamo riuniti molte volte al capezzale del premio. Le idee sono tante. Occorre aprire alla narrativa a tutto campo, senza limitarsi a premiare il racconto inedito. Il Teramo possiede una storia e un prestigio che autorizzano al cambiamento. Purtroppo i politici teramani hanno sempre visto il Premio Teramo come un obbligo e non come un’occasione».
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Anna Fusaro
La più bella a Civitella
Oggetti preziosi: musica classica
Pubblicato ieri da Tiziano Scarpa sul sito della rivista
Oggetti preziosi: musica classica
di Roberto Michilli
Ebbi il primo contatto con la musica classica quando avevo una decina d’anni. Ogni tanto andavo, di pomeriggio, a casa di un mio compagno. Suo padre era il medico condotto del paese, e s’adattava anche a fare da cavadenti. La casa era piena di oggetti misteriosi e interessanti. Il mio amico, però, vigilava a che non ne toccassi nessuno. Mi mostrava le cose, ma non mi permetteva di maneggiarle. Un giorno, in sala da pranzo, aprì un grosso mobile di legno chiaro. Rimasi senza fiato. Sembrava avesse acceso un lampadario dalle mille luci. L’interno del mobile risplendeva come uno scrigno di pietre preziose e la sala era tutta rischiarata da quel luccichio. Mi accostai e vidi che la luce di alcune lampade nascoste era riflessa e moltiplicata dagli specchietti rettangolari di cui era rivestito l’interno. L’ampio vano era diviso in due ripiani. Su quello superiore, c’erano la radio e il giradischi; in basso, tante bottiglie di liquore e bicchieri di cristallo d’ogni foggia e dimensione.
Quando s’è goduto sino in fondo il mio stupore, l’amico, maneggiandolo con estrema cura, toglie dalla sua fodera di carta col buco al centro questo grosso disco nero e lo mette sul piatto. Ecco, le prime note: ta-ta-ta-taaaaa; ta-ta-ta-taaaaaa… Il figlio del medico mi guarda con un’espressione che dice: Senti che roba! Io sto immobile, folgorato. La musica è un’onda che mi viene addosso mi travolge e quasi mi toglie il respiro.
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Roberto Michilli (Campli, 1949) vive a Teramo. Ha pubblicato alcune raccolte di poesie, i romanzi Desideri (Fernandel 2005), Fate il vostro gioco (Fernandel 2008), La più bella del reame (Galaad 2011) e La chiarezza enigmatica. Conversazione su Giuseppe Pontiggia (con Simone Gambacorta, Galaad 2009). Il suo blog è qui.
Oggetti preziosi: le valvole
Pubblicato oggi da Tiziano Scarpa sul sito della rivista
Oggetti preziosi: le valvole
di Roberto Michilli
La luce andava via spesso, anche quando non c’era il temporale. Accesa una candela, la prima cosa da fare era assicurarsi che non se ne fosse andata solo da noi. Se affacciandosi sul terrazzo intorno era tutto buio, si rientrava, si accendevano altre candele e si aspettava. A me piaceva la luce delle candele. Diventava tutto più bello e più misterioso. Soprattutto mi piaceva leggere e scrivere, con la candela. Se invece fuori si vedevano luci accese, bisognava scendere sotto al portone a controllare le valvole. Erano delle scatolette di ceramica bianca attaccate al muro, accanto ai contatori. Ogni famiglia aveva il suo contatore e la sua scatoletta. Dentro c’era un filo di rame stretto tra due viti. Se era rotto, la corrente non passava. Diventai presto bravissimo a cambiarlo. Mi insegnò Sandrino l’elettricista. Abitava accanto a noi. Aveva lavorato quarant’anni all’Unes e adesso era in pensione. Avevo sempre qualche pezzo di filo da parte. Il rame era il materiale più pregiato, tra quelli che raccoglievamo per il cenciaro, e me ne conservavo sempre un po’ per le valvole. Quando la luce tornava, dopo che avevo cambiato il filo, mamma mi sorrideva in un certo modo, e io mi sentivo quasi un eroe. Se la luce andava via quando eravamo a scuola, nel momento in cui le lampadine poi si riaccendevano facevamo sempre “Ooooohhhhh” tutti insieme.
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[In questi giorni sta avendo molta fortuna un dizionario di cose e situazioni che facevano parte della vita di tutti i giorni decine di anni fa. Roberto Michilli aveva già scritto da tempo una sua rassegna di cose perdute, in un libro incantevole ancora inedito. Ci era piaciuto molto, e avevamo pubblicato alcuni dei suoi “oggetti preziosi” nel numero 3 del “Primo amore” su carta. T. S.].
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Roberto Michilli (Campli, 1949) vive a Teramo. Ha pubblicato alcune raccolte di poesie, i romanzi Desideri (Fernandel 2005), Fate il vostro gioco (Fernandel 2008), La più bella del reame (Galaad 2011) e La chiarezza enigmatica. Conversazione su Giuseppe Pontiggia (con Simone Gambacorta, Galaad 2009). Il suo blog è qui.
No, non te così ardentemente amo…
Michail Jur’evič Lermontov (1814-1841). Traduzione di Roberto Michilli (versione del 14 luglio 2014).
No, non te così ardentemente amo,
non risplende per me la tua bellezza:
in te amo il mio antico dolore
e la perduta mia giovinezza.
E quando a volte guardo nei tuoi occhi,
immergendomi in essi a lungo con lo sguardo,
mi prende un discorso misterioso,
ma non con te il mio cuore parla.
Parlo con un’amica dei giovani giorni;
nel viso tuo io cerco un altro viso;
labbra ormai mute sulle vive tue,
negli occhi tuoi la fiamma di occhi spenti.
(1841)
1
Нет, не тебя так пылко я люблю,
Не для меня красы твоей блистанье:
Люблю в тебе я прошлое страданье
И молодость погибшую мою.
2
Когда порой я на тебя смотрю,
В твои глаза вникая долгим взором:
Таинственным я занят разговором,
Но не с тобой я сердцем говорю.
3
Я говорю с подругой юных дней;
В твоих чертах ищу черты другие;
В устах живых уста давно немые,
В глазах огонь угаснувших очей.
(1841)
L’orma lieve a Grottammare
Venerdì 4 maggio 2012, alle ore 21,15, presso la Biblioteca Comunale “Mario Rivosecchi” di Grottammare (AP), Lucilio Santoni presenta “L’orma Lieve”, poesie di Antonio Alleva, Raymond André, Leandro Di Donato e Roberto Michilli (Le voci della luna – Poesia, 2011).
Saranno presenti gli autori. Voce recitante di Fernando Micucci.
La Biblioteca è in via Matteotti, 41. Tel. 0735 735537