Daniela Marcheschi su Atlante con figure

Corso Italia 7
Rivista Internazionale di Letteratura – International Journal of Literature

Roberto Michilli, Atlante con figure, Giulianova (TE), Galaad Edizioni, 2016

[di Daniela Marcheschi]

21 maggio 2020

Scrivere, non senza un pizzico di ironia, per ricordare gli amici di una vita, la vita fra passato e presente: perché solo queste due dimensioni temporali possono aprire una via al futuro. E scrivere una narrazione che è, contemporaneamente, libro di memorie, diario, cronaca, racconto breve: il volume è infatti scandito in capitoli di poche righe o poche pagine. Questo «atlante con figure» è una mappa del cuore, e la finestra spalancata sul mondo dell’immaginazione, della letteratura: la sola capace di recuperare e trasfigurare i materiali dell’esistenza. Del resto le Muse sono figlie di Zeus, re potente e metamorfico, e Mnemosyne, dea della memoria; e sono guidate da Apollo, che porta la luce.

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L’uomo mascherato

Quando non avevamo di meglio da fare, io e il mio amico Tonino, “mettevamo a posto” i miei giornalini. Ne avevo tanti. Li tenevo in una bella cassetta di noce che aveva già fatto compagnia allo zio Umberto in Africa, durante la guerra, e poi in India, nella lunga prigionia. Seduti per terra, la collocavamo tra noi e la vuotavamo. Rimettevamo poi a posto i giornalini, ma non senza rileggercene una buona parte per la miliardesima volta.
A Tonino piacevano di più “quelli da ridere”: Topolino; Cucciolo; Soldino; Il Monello, con Superbon de’ Superboni, La piccola Zoe, Pedrito el drito. Io, invece, preferivo le storie avventurose. Amavo Chiomadoro di Mayabar, il Principe del Sogno, Roland Eagle (pronunciato come stava scritto), Capitan Miki, il Grande Blek, Tex, Kinowa, Pecos Bill, Mandrake e Nembo Kid. Il mio eroe preferito era, però, l’Uomo mascherato, l’Ombra che cammina. Mi affascinavano la giungla misteriosa, i pigmei, la grotta che aveva per casa, il trono di pietra e l’anello col teschio. Avrei voluto avere anch’io un cavallo bianco come il suo e un cane tanto intelligente e fedele. Più d’ogni altra cosa, mi piacevano le sue pistole. Erano diverse da quelle dei cowboys, e le portava chiuse in strane fondine nere.

(da Atlante con figure, 2016; nella foto, un albo della mia collezione)

Sparare il carburo

Il carburo era una pietra grigiastra e puzzolente. Lo compravamo da Minella, che vendeva un po’ di tutto nella sua bottega sul Corso, e se lei non ne aveva da uno giù a Castelnuovo, oppure ce ne facevamo regalare qualche pezzetto dai nostri amici fabbri. Lo usavano per saldare all’acetilene, loro. Serviva anche agli ambulanti per le lampade con le quali illuminavano la sera le bancarelle, e a quelli che pescavano le anguille nei pantani e nelle gore dei mulini. Lo mettevano in un barattolo, facevano un buco nel coperchio e poi lo buttavano nell’acqua. Dopo qualche istante si sentiva un bel botto, e le anguille galleggiavano stordite pancia all’aria. Noi invece i barattoli li sparavamo in aria. Non ci serviva il coperchio, perciò era più facile trovarli. Andavano bene di tutti i tipi, i migliori però erano le latte grandi della conserva, rare perché si riempivano di terra e si usavano come vasi per le piantine di maggiorana, basilico, pipirella e mentuccia che tutti tenevano sui balconi, e i coperchi azzurri dei filtri dell’olio dei camion e dei trattori, che si potevano sparare più volte perché robustissimi, ma erano ancora più rari. Ci sarebbe voluto uno slargo senza case, ma in paese non ce n’erano e quindi sparavamo dietro la chiesa di San Paolo, all’inizio del sentiero che portava al torrente Siccagno. Riempivamo il barattolo o quel che era di trucioli sottili o di paglia, senza pressare, e dopo aver bucato il fondo con un chiodo lo posavamo con il buco verso l’alto sopra una pozzetta scavata nel terreno e riempita di saliva nella quale già si stava sciogliendo il carburo, provocando bolle e puzza. Circondato di terra l’orlo del barattolo per non farlo sfiatare, uno di noi teneva chiuso il buco con un dito per un po’, e dopo lo scopriva mentre un altro ci avvicinava rapidamente un fiammifero acceso o un tortiglione fatto con un pezzo di carta arrotolato più volte. Il gran botto faceva salire il barattolo in cielo per venti trenta metri, accompagnato da applausi e fischi e da una velocissima fuga perché subito arrivava gente.  Ogni tanto qualcuno dei fuochisti si faceva male perché non era abbastanza svelto a scostarsi oppure il barattolo non volava dritto e gli finiva addosso.

(3-4 gennaio 2015)

Luca Ragazzini su Atlante con figure

venerdì 15 dicembre 2017

“Atlante con figure” di Roberto Michilli

Atlante con figure (Edizioni Galaad, 2016) è un romanzo dal sapore antico, in cui la scrittura è strumento di ricomposizione e ricapitolazione. Strutturato come una narrazione unica, senza capitoli, il testo consta di fitti paragrafi disposti cronologicamente (dagli anni ’50 ai primi anni ’70), dove il ricordo si fa descrizione, e la descrizione si fa a sua volta pensiero. Sullo sfondo delle vicende di quei decenni (il boom economico, l’introduzione della penicillina, la morte di Kennedy, il primo trapianto di cuore), il protagonista ripercorre i momenti salienti della sua vita: l’infanzia, il gioco, la scuola, la scoperta della sessualità, dell’amore, della malattia, della morte, il mondo della politica e del lavoro, e lo fa avvalendosi di un vocabolario sterminato, ricco di termini desueti e nomi di oggetti e strumenti da lavoro ormai dimenticati. Ogni situazione si pone all’attenzione del lettore alla stregua di un rito di passaggio, con i suoi percorsi di crescita e i suoi margini di mistero, ed esemplari risultano in tal senso i paragrafi Il disco del cuore, dove il protagonista ricorda il turbamento provato nell’ascolto di un vinile contenente il solo battito cardiaco, e Atlante con figure, il paragrafo che dà il titolo al romanzo, in cui un vecchio atlante di seconda mano, nato per scatenare voli di fantasia verso luoghi lontani, diverrà monito d’incompletezza, di limite, d’inaccessibilità, a causa di una pagina strappata che celerà per sempre il nome del primo proprietario del libro. Semplice e sontuoso allo stesso tempo.

 

https://vocidellapiccolaeditoria.blogspot.it/2017/12/atlante-con-figure-di-roberto-michilli.html

Atlante con figure alla Biblioteca Delfico

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Atlante con figure è un album di scritture, ricordi, brevi racconti, archeologie lessicali ed emotive di un bambino italiano fra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta. Ricordi personali, e dunque universali, di un’infanzia lontana che non ha smesso di essere presente. (Tiziano Scarpa)