
Questo libro vuole coinvolgere il lettore nel tentativo di risolvere un mistero: perché uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi si porta dentro una storia per quarant’anni e passa, prova due volte a scriverla ma poi lascia perdere e si decide infine a farlo davvero nel momento peggiore della sua vita? Perché in un momento così difficile per lui, sceglie di mettersi a scrivere proprio questo racconto?
Non solo: come può lo stesso scrittore, il più lontano da ogni forma di improvvisazione, abituato a documentarsi in modo persino esagerato sul soggetto che ha scelto, e poi a progettare l’opera fin nei più minuti dettagli e a lavorare nel suo amato studio circondato dai suoi libri, dai suoi appunti e dagli oggetti che gli sono cari, mettersi a scriverla in una stanza d’albergo in un paesino bretone affacciato sull’Atlantico, avendo con sé solo la penna, l’inchiostro e la carta?
E ancora: perché durante la stesura Gustave Flaubert si riferisce alla Leggenda parlandone come di una cosa da niente? «Non è niente di niente e non le attribuisco alcuna importanza»; «una sciocchezzuola medievale»; «una piccola stupidaggine, di cui la madre potrà permettere la lettura alla figlia»; «la mia piccola storiella (religioso-poetica e medievalmente rococò)»; «quest’opera edificante, che mi farà passare per “volgere al clericalismo”.» Non sarà che ne minimizza l’importanza per dissimulare il ruolo capitale rivestito invece per lui da questo racconto?
E infine: cosa c’è in questa storia del santo parricida che possa riguardare Flaubert? Deve trattarsi di qualcosa alla quale lui attribuisce una eccezionale importanza, e deve aver pensato che è arrivato il momento di raccontarla perché si sente vicino alla fine e vuole finalmente liberarsi di questo grave peso. Flaubert è tutti i suoi personaggi, ma forse in Julien c’è di lui più che in tutti gli altri, e magari la sua storia è per molti aspetti anche quella del suo autore. Forse nell’interesse precoce e duraturo di Flaubert per la storia di Giuliano, c’è il segno di una analogia profonda, però censurata, respinta nelle profondità dell’inconscio. E il racconto impersonale della vita del santo potrebbe offrire allora allo scrittore la maschera più sicura per esprimere le sue ossessioni più personali.
Ma è così? Il libro invita il lettore curioso e appassionato di misteri a
cercare da solo le risposte a queste e altre domande. Per aiutarlo, gli offre
le risposte offerte da una lunga serie di studiosi che si sono sentiti attratti
da questo racconto e gli hanno dedicato la loro attenzione. Confrontandosi con
queste, accettandole alcune e respingendone altre, il lettore compie un suo
personale percorso di ricerca che magari non lo porterà a risolvere il mistero,
ma certo gli farà scoprire molte cose, e non solo su Flaubert.