Centro Russo di Roma. Michilli traduce Lermontov
Articolo di Livia Bidoli
Puškin muore il 27 gennaio 1837, La morte del poeta viene letta da Turgenev già il 2 febbraio dello stesso anno, sette giorni dopo, e scriveva: “I versi di Lermontov sono stupendi” (Michail Jur’evič Lermontov, Quaranta poesie, traduzione e cura di Roberto Michilli, ed. Galaad, 2014, p.246), ma leggiamo la poesia nella versione del suo traduttore abruzzese Roberto Michilli, che ci ha fornito questa lunga quanto approfondita appendice, spiegandoci come scrivesse e chi fosse Lermontov, come poeta e come uomo:
Vendetta, Principe, vendetta!
Cadrò ai tuoi piedi:
Sii giusto e punisci l’assassino
Il suo supplizio nei secoli a venire
La tua giusta Corte ha annunciato alla posterità
Perché gli scellerati vedano in esso l’esempio.
Questa prima parte “intendeva condannare l’assassino e i calunniatori” (Ibid, p. 247), Lermontov ancora non era stato arrestato per gli ultimi sedici versi che appose quando si accorse, attraverso uno scambio di battute col funzionario Stolypin, che né Zar né governo intendevano minimamente intervenire contro il francese D’Anthès che aveva ucciso il poeta nazionale (peraltro forse d’accordo proprio con le alte sfere che riteneva Puškin sedizioso, e sentendosi accusati dal poeta russo che scrisse l’Onegin ed il Boris Godunov). Leggiamo le righe seguenti, preveggenti in qualche modo:
Il Poeta è morto! – schiavo dell’onore –
è caduto, calunniato,
col piombo nel petto e assetato di vendetta,
ha chinato la testa orgogliosa!…
Non ha sopportato l’anima del Poeta
il disonore delle offese meschine,
contro la società s’alzò
solo come prima… ed è stato ucciso!
Lermontov descrive una figura cristica – ci viene in mente L’idiota di Dostoevskij – che Michilli traduce con grazia e forza nello stesso tempo:
E togliendo la precedente corona – una corona di spine,
intrecciata con l’alloro, hanno messo su di lui;
ma le spine nascoste severamente
hanno ferito la gloriosa fronte;
avvelenati i suoi ultimi istanti
da perfidi bisbigli di beffardi ignoranti,
è morto – con una vana sete di vendetta,
con segreto dispetto per le tradite speranze.
Si spensero gli echi dei magici canti,
non risuoneranno più:
angusta, tenebrosa è la dimora del Poeta,
e sulle sue labbra è apposto un sigillo.
Il dettaglio delle calunnie – probabilmente orchestrate ad arte per scatenare il duello mortale – è vivido e cocente nella scrittura di Lermontov e diventa un “appello alla rivoluzione” nelle accuse del governatorato della terza sezione (Ibid, p. 257) quando, dopo la conversazione con Stolipyn, chiude coi sedici versi che seguono:
E voi, alteri discendenti
di padri celebrati per la nota viltà,
che con piedi servili calpestate le vestigia
di famiglie offese dal gioco della fortuna!
Voi, turba di ambiziosi che circondate il trono,
carnefici della Gloria, della Libertà e del Genio!
Vi nascondete all’ombra della legge,
tacciono per voi giustizia e verità!…
Ma esiste, esiste pure, amici dissoluti, un tribunale divino!
Un giudice terribile, che vi aspetta,
inaccessibile al tintinnio dell’oro,
che conosce in anticipo i pensieri e le opere.
Allora ricorrerete invano alle calunnie:
non vi soccorreranno nuovamente,
e non basterà tutto il vostro sangue nero per lavare
il sangue innocente del Poeta!
Ed è allora che seguirà quella strada, dopo l’arresto, la stessa percorsa da Puškin stesso diciassette anni prima, verso l’esilio militare nel Caucaso, lontano da tutto, non dai versi che continuerà a scrivere fino al 1841, anno della sua morte, in un duello, come il suo epigone.
Roberto Michilli ha raccolto ben più delle quaranta poesie del titolo, che sono diventate sessanta in questa seconda edizione, e ben trentasette sono alla prima versione italiana: l’unico che si è confrontato con l’intero corpus poetico di Lermontov è stato Tommaso Landolfi, con cui nelle lunghe e attente note ad ogni poesia alla fine del libro, sono possibili i raffronti. Michilli fa una traduzione nuova e moderna, senza arcaisimi, di una scrittura mobile e ricca, ad evidenziare le costanti tematiche che guidano la penna del poeta, come lo slancio ed il fervore; la natura accogliente e consolante; la patria; l’attenzione al mito con la Rusalka (spirito delle acque, composta nel 1832, a diciotto anni) e La principessa del mare, con cui vorrei conludere, con quelle onde del mare dove riposa il poeta, nei cui flussi è infine accolto per mondarsi anche di sé e accogliere l’eterno:
La Rusalka
Una rusalka nuotava nel fiume azzurro,
irradiata dalla luna piena;
e cercava di schizzare la luna
dell’argentea schiuma dell’onda.
Pubblicato in:
GN1 Anno VII 3 novembre 2014